"Se non mi ha visto nessuno, io sono davvero qui? E se non sono qui, allora da dove provengono tutti questi sogni, sempre che di sogni veramente si tratti?" (Pynchon)

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venerdì 24 settembre 2010

Il nuovo sito!

Volevo avvisare tutti gli utenti che il blog di Recensioni di Libri si è spostato sul nuovo sito

www.Libro-Mania.com

per cui tutti i nuovi aggiornamenti non li troverete più qui ma sul nuovo aggiornatissimo e sfavillante sito!
Venite a trovarci!
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mercoledì 14 luglio 2010

"Black Russian" - Massimiliano Ferraro

Londra, 2006. La notizia dell’avvelenamento della ex spia russa Aleksandr Litvinenko fa il giro del mondo qualche mese dopo la morte della giornalista Anna Politkovskaya. Il clima attorno all’ex Unione Sovietica è teso.
Un agente del Sisde, operante fuori campo nella capitale Britannica, viene richiamato in patria per indagare sulle ultime parole lasciategli da un contatto poco prima di morire: Danis Woronzov. Chi è costui? Il suo assassino? Un ex spia del KGB? E che cosa c‘entra il suo nome con Dignità e Onore, l’organizzazione filo presidenziale che attenta in ogni modo a tutti i nemici dell’attuale presidente russo?
Toccherà all’Italiano sciogliere la matassa, viaggiando tra la bella Napoli (dove troverà un amico nel simpatico ufficiale della Digos Astutillo Mariello), l’Albania, fino ad arrivare nella gelida Murmansk, dove lo attende la fatale resa dei conti. Ma il suo lavoro scotta, e a farne le spese sarà lui stesso, che dovrà lottare anche contro coloro che lo hanno assoldato…
Massimiliano Ferraro esordisce con questa spy story in stile James Bond senza lasciare nulla al caso e dosando in giusta misura tutti gli ingredienti necessari. La trama funziona – anche se forse lascia poco di nuovo nel trito e ritrito mondo dello spionaggio – e i personaggi nascondono sottovoce qualche tratto ben definito ed indimenticabile: basti pensare al simpatico Mariello, contatto napoletano del nostro eroe, che in un certo senso spezza i canoni del classico agente di polizia tutto d’un pezzo per sostituirli con tratti simpatici e assolutamente caratteristici. Forse si può pensare che la leggerezza di Mariello stoni un poco con i toni seriosi della spia che-rischia-la-vita-ogni-giorno, ma la sua presenza ci fa anche sorridere quel tanto che basta per andare avanti nella lettura. Ferraro, dopotutto, sa quello che scrive: la sua conoscenza del tema è profonda, e la cosa si nota quasi subito. L’autore riesce infatti ad intrecciare fatti realmente accaduti che il pubblico ben conosce con espedienti da fiction che collimano con precisione, e nel farlo ci diverte dannatamente bene. E‘ proprio questo il punto a suo favore (in fin dei conti Ferraro non è né Clancy né Ludlum, e tantomeno vuole esserlo): la trama scivola quasi in secondo piano, diventa un orpello, e ciò che ci fa andare avanti nella lettura è proprio il divertimento con il quale l’autore ci spinge a cambiare ambientazione, passando da Napoli a Torino, dall’Albania alla Russia, da scontri a ferro e fuoco per le strade di Ivrea fino a pericolose missioni nei fondali marini, il tutto ritmato dal gusto dolciastro di un Black Russian, famoso cocktail a base di vodka e caffè che nasconde il sapore della Russia.
C’è un po’ di tutto qua dentro, e va bene così. Un po’ di tutto sapientemente condensato in un piccolo libricino di poco più di 200 pagine, che sa quasi di sorbetto al limone tra un pasto e l’altro. O forse, più che un sorbetto, il romanzo ha il sapore di un Black Russian da godersi tranquillamente dopo cena.

Sogno Edizioni
13,50 euro
226 pagine

Recensione a cura di Massimo Piana

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lunedì 28 giugno 2010

"Il gioco beffardo del destino" - Arianna e Selena Mannella

Una sera Andrea lascia la propria casa per assistere all’avvistamento di una cometa, sottovaluta però il ricatto di cui è vittima da alcuni giorni, sottovaluta quei trafficanti di opere d’arte che lo pedinano, lo minacciano di morte. Un errore che non avrebbe dovuto fare; Andrea, il protagonista, trascura anche il potere che esercitano le stelle, la presunta “sventura”che si portano dietro, anche questo è un altro grave errore che non avrebbe dovuto commettere. Ad attenderlo in quella nuova mattina troverà una Parma a lui sconosciuta, una casa disabitata che fino a poche ore prima era la Sua casa, dove sua moglie Sara lo attendeva. Si intrecciano alla vita di Andrea altri personaggi utili alla trama, un’amica, che cercherà di aiutarlo ad uscire dal complicato labirinto nel quale si è perso, un agente del R.i.s. che porterà avanti parallelamente delle indagini e un assassino, cui dare la caccia. Il romanzo racconta la storia sconvolgente di Andrea, un uomo come tanti che ricalca i passi dei suoi simili che si trovano al posto sbagliato nel momento sbagliato. La pace e la tranquillità che arricchivano la sua vita si sono dissipate coma la nebbia alle prime luci del mattino e il suo cammino disperato, lo porterà inevitabilmente incontro al Suo destino. Che ne è stato di Sara? È possibile che Andrea abbia commesso l’omicidio della propria moglie senza averne memoria?
Con una scrittura inconfondibile le due gemelle Mannella ci regalano il loro secondo romanzo, un noir dai ritmi serrati e una suspence che terrà incollati fino all’ultima pagina. Un escalation di sensazioni, incontri e colpi di scena similari al progredire di una trama delle migliori pellicole cinematografiche, regala quella giusta dose di bizzarria che implementa la costruzione del plot narrativo. Temi attuali trattati con originalità e dinamismo offrono riflessioni importanti sulla vita e le sue dinamiche. Un romanzo definito da LA STAMPA:”un noir davvero originale piacevolmente arricchito dalla complicità di due gemelle che scrivono a quattro mani”.
È possibile viaggiare nel tempo? Questi e tanti altri quesiti cercheranno di trovare una risposta nella forsennata ricerca di Andrea di arrivare alla verità, quando la realtà sembra superare la fantasia.
Arianna e Selena Mannella sono autrici di “tra di noi, il mare” edito da Albatros edizioni (Napoli) con il quale hanno vinto il premio Letterario Internazionale Albatros ’08. Romanzo che ha riscosso un buon successo di pubblico e che ha convinto critici e appassionati di lettura tanto da indurre la casa editrice a non venderne i diritti ed essere lei stessa la promotrice di questa preziosa “opera prima” tradotta per il pubblico americano. Le due gemelle collaborano attivamente alla rivista mensile Albatros Magazine per la quale intervistano personaggi dello spettacolo. I loro romanzi sono stati pubblicati senza alcun compenso all’editore.

Recensione a cura delle Gemelle Mannella

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lunedì 21 giugno 2010

"Shining" - Stephen King

L’Overlook è un grosso e imponente albergo che si staglia in mezzo alle Rocky Mountains del Nevada. Hotel di lusso, ritrovo dell’America bene e meno bene ma comunque facoltosa, l’albergo apre i battenti ai primi di Marzo e li chiude a fine estate, quando la neve e le temperature glaciali lo obbligano a chiudere per la stagione.
Jack Torrance, scrittore e uomo fallito con un passato burrascoso incline all’alcool e alla violenza, trova lavoro come custode dell’albergo durante il periodo invernale: insieme alla moglie Wendy e al figlio Danny, si trasferisce all’Overlook e lì vi passerà l’intera stagione isolato dal resto del mondo.
Eppure, come in ogni libro di King che si rispetti, l’aria che aleggia attorno all’albergo non è delle più rosee. Il primo ad accorgersene è proprio Danny, ragazzino di 5 anni che grazie ad uno strano potere che in pochi hanno (il luccichio, o shining se preferite) è in grado d percepire l’aurea malvagia che circonda l’imponente costruzione.
Armato solo delle proprie paure e delle promesse di un vecchio cuoco di colore, Danny inizia a captare presenze demoniache all’interno dell’albergo: cadaveri decomposti immersi nelle vasche da bagno, macchie di sangue sui muri e quant’altro in pure stile del Re. Ma, se da un lato il piccolo ragazzo e la madre percepiscono il pericolo e tentano di respingerlo, Jack Torrance ne rimarrà al contrario affascinato, e senza accorgersene inizierà a diventare anch’egli parte dei delitti e della girandola di fantasmi e presenze che attanaglia l’albergo. Il suo nuovo padrone – l’Overlook - lo guiderà contro la sua stessa famiglia, in un turbine di follia che cresce allo scoccare di ogni ora, fino all’arrivo della mezzanotte...

Stephen King ci presenta uno dei suoi libri più riusciti. Come chi legge i suoi romanzi ben sa, l’albergo malefico che sovrasta le paure dei protagonisti è solamente un espediente. King racchiude i suoi personaggi in un tugurio di lusso, immenso al punto giusto da poter nascondere ogni sorta di tranello eppure piccolo e claustrofobico tanto da rendere la fuga verso il mondo impossibile. Qui da vita alla storia, una storia in cui le paure così normali della gente prendono vita e si mischiano a quel tocco di soprannaturale che fa da ciliegina sulla torta (sì, è vero, i fantasmi sono roba vecchia, ma come te li mette sul piatto King è tutt’altra storia). Ciò che infatti rende il romanzo così terrificante è proprio la normalità che c’è dietro: la moglie debole, il figlio indifeso, e l’unico uomo della casa che perde la ragione e inizia a luccicare di follia. Ecco l’ingrediente che funziona. Più la storia ci sembra reale, più la storia ci sembra vicina, più per noi diventa terrificante. E’ una regola aurea per chi scrive horror, e King è stato uno dei primi a buttarla nero su bianco e a chiedersi: vediamo se funziona. Bè, considerando anche l’anno di pubblicazione (siamo nel 1977) sì, funziona.
E anche la sottotrama che sta dietro al romanzo, pur palesando limiti prettamente strumentali, in un certo senso cammina da sola: l’albergo che vive di vita propria, i delitti che vi sono stati perpetrati e le storie dei vari personaggi non brillano forse per originalità, ma di certo hanno una particolare corposità che è innegabile. Lo scotto da pagare è forse la lentezza della prima parte del libro, che obiettivamente si muove in maniera quasi monotona almeno per le prime 200 pagine, ma che si dispiega egregiamente sul finale.
Insomma, alla fine della lettura ci si sente pieni, e nonostante i temi del libro non ricalchino questioni troppo profonde (forse l’unico degno di nota è il rapporto padre-figlio-madre che si instaura per quasi tutto il romanzo) ciò che più conta è che la storia non ci lascia con domande irrisolte. Tutto quadra. Il marchingegno ingrana. Questo è l’importante.
Dopotutto, di fiction stiamo parlando.

Editore Bompiani
Prezzo 9,20 euro
Pagine 432

Recensione a cura di Massimo Piana

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giovedì 10 giugno 2010

"Uomini che odiano le donne" - Stieg Larsson

Un best seller fenomenale. Più di 30 milioni di copie vendute. Stieg Larsson, deceduto purtroppo nel 2004, prima che la sua trilogia diventasse oggetto di culto, ha fatto nascere una piccola saga che ha catturato milioni e milioni di lettori.
Ma andiamola ad analizzarla da più vicino.

Il primo episodio della sua trilogia Millennium è Uomini che odiano le donne.
Si intrecciano due storie. Due personaggi che inizialmente sembrano non c'entrare nulla l'uno con l'altro.
Mikael Blomkvist, giornalista, uomo affascinante, sulla quarantina. E' appena stato accusato di diffamazione per colpa di un articolo che si era verificato un buco nell'acqua.
Lisbeth Salander, una ragazza giovane che sembra avere dei seri problemi mentali e sociali. Non parla con nessuno, veste strano e non viene vista di buon occhio da nessuno. Lavora presso una agenzia di sicurezza, la Milton Security. Nel fare le indagini sì che è brava. Ha i suoi mezzi.
E poi, subentrando dopo, un vecchio, Henrik Vanger. Ogni anno riceve un fiore essiccato per il suo compleanno. Ogni anno da quando sua nipote Harriet è scomparsa. Chi è a mandarglielo?
Ma cosa hanno in comune queste tre persone? Sarà Stieg Larsson a spiegarcelo.
C'è un mistero da risolvere e ognuno ci metterà la sua parte.
Personaggi caratterizzati molto bene, talmente tanto che si finisce per amarli. Sono credibili, naturali, problematici e sinceri.
E anche se si parte un po' in sordina, con pagine forse troppo didascalica e a volte poco interessanti, poi si entra nel vivo dell'azione.
Si inizia a conoscere la vita privata dei protagonisti del libro, la loro psicologia, i loro modi di fare e di dire. Lisbeth così introversa e problematica. Mikael invece sicuro di sé e donnaiolo.
E se quando si parla della loro qutodianeità tutto fila liscio e si va avanti con molta facilità e tutto sembra reale, qualche intoppo lo si trova con l'inizio del mistero da risolvere.

Scoprire che fine ha fatto Harriet.
Il puzzle è non poco complicato e il modo in cui i due nostri amici ci arrivano e a volte geniale e divertente ma, per colpa dello stile narrativo sempre piatto e poco ritmato, i colpi di scena non sono così enfatizzati. Non c'è un cambio di stile e di ritmo tra un dialogo o una sparatoria o una scoperta importante. E' sempre tutto sullo stesso piano e a volte anche macchinoso. Non ci si appassiona più di tanto del mistero. Non siamo partecipi.
Per questo riescono più piacevoli i momenti in cui lo scrittore ci racconta del giornale di Mikael, dei problemi di Lisbeth col suo tutore, i momenti in cui i personaggi prendono forma.
Il mistero centrale del libro passa per ciò quasi in secondo piano.
La scrittura in compenso è scorrevole e il libro sembra scivolarvi dalle mani per quanto sia fluido.
Concludendo possiamo dire che è molto scorrevole e piacevole ma non ci si deve aspettare più di tanto dalla trama. Una lettura da spiaggia, molto commerciale.
Forse è stato un po' sopravvalutato, dal momento che in quanto a misteri e casi da risolvere non c'è nulla di nuovo. Una freccia però va scoccata a favore dei personaggi che riescono a mantenere vivo l'interesse del lettore per tutto il libro.
Ci si sarebbe aspettato anche un po' di più dallo stile, che non sembra addirsi proprio a un giallo. Mancano picchi di suspance.
Sicuramente meglio la prima metà del libro dell'ultima.
Se questa estate volete leggervi qualche cosa di piacevole allora non farete una brutta scelta se ripiegherete su Uomini che odiano le donne, ma se avete qualche altra idea in mente, beh, pensateci bene allora.

Editore Marsilio
Prezzo 21,50 euro
Pagine 688

Recensione a cura di lollo92

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mercoledì 2 giugno 2010

"Il signore degli anelli" - John R.R. Tolkien

Un anello.
Basta un anello nella mitica fiaba di Tolkien, che viaggia tra il fantasy e lo storico, per sconvolgere il mondo e portare la paura e il male in ogni dove.
Terra di Mezzo. Terza Era. Frodo è un piccolo uomo (un hobbit, nel gergo Tolkiano) che passa i suoi giorni spensierati nella Contea, dove birra e cibo abbondano indisturbati. Suo malgrado e senza saperne nulla, viene in possesso di un anello misterioso che attira a sé le forze del male. E’ grazie a Gandalf, un amico stregone incline al vagabondaggio, che Frodo viene a conoscere gli spaventosi poteri dell’anello, e solo allora deciderà di partire verso il monte in cui è stato forgiato per distruggerlo definitivamente. “E’ l’anello del male, l’anello di Sauron” lo avverte il vecchio mago con voce tremante, e così ha inizio l’avventurosa epopea che porta il piccolo eroe – il mezz’uomo, tanto per usare il gergo del romanzo – a vagare per l’intero mondo Tolkiano (la Terra di Mezzo, appunto) fino a raggiungere il Monte Fato e procedere alla sua distruzione. Lungo il suo cammino, irto e assolutamente non facile, Frodo incontrerà molti compagni d’avventure, partendo dagli hobbit come lui (il fedele Sam Gamgee, gli amici Merry e Pipino fino all’ambiguo Gollum) fino ad incontrare esemplari di ogni razza esistente: Umani, Elfi, Nani, Orchi, Stregoni e quant’altro.

Non è semplice riassumere la trama de libro, e neppure può essere considerato utile farlo. Il Signore degli Anelli (che per inciso è un romanzo diviso in 3 libri, totale poco più di 1300 pagine) trascende dalla trama. Ne sfrutta i semplici e, perché no, scontati contenuti per raccontarci qualcosa di più, qualcosa che non può essere facilmente schedato. Ci racconta un viaggio, un’epopea che fa camminare noi stessi in un mondo incredibile, costellato da boschi magici ed esseri fantastici, dove dame dalla bellezza angelica e guerrieri muniti di cotte e spade s’intrecciano nella strada che ci porterà fin sulle pendici del Monte Fato. In questo senso Tolkien ci regala una storia per ragazzi-adulti, che trova nel simbolismo dell’anello e nella lotta fra bene e male i perni di una lettura più profonda, ma che rimane un’avventura apprezzabile anche dall’animo del lettore occasionale che non cerca significati nascosti ma si lascia guidare dalla storia. Il quesito non è quindi se Frodo riuscirà a distruggere l’anello, ma semmai come Frodo distruggerà l’anello. E grazie a chi? E chi incontrerà nel farlo?
Insomma, una storia a tutto tondo, che non a caso Tolkien ha impiegato circa 15 anni a scrivere, con una precisione incredibilmente reale – incredibilmente “storica” – che rende l’intero libro così vero. Giusto per portarne l’esempio, i vari canti poetici che i personaggi intonano durante le loro chiacchierate (si tratta a volte di canti che superano la pagina di lunghezza) sono in realtà poesie che non vogliono distrarre o annoiare il lettore, bensì rendere sempre più consistente quell’alea di realismo che impernia tutto il libro. Viene da chiedersi: Ma è successo davvero? E’ reale?
E ad aumentare questo senso di realismo sono anche le appendici (inserite alla fine della terza parte, Il Ritorno del Re), in cui Tolkien racconta la storia delle varie Ere passate e future della Terra di Mezzo, con una minuziosità tale da rimanere allibiti. La costruzione dell’universo Tolkiano è perfetta, è un meccanismo i cui ingranaggi si sfiorano continuamente e intrecciano le basi della storia in maniera indissolubile. Ci sembra di leggere un libro di storia, ma con quel tocco di magia che solo il romanzo sa darci.
Magia che ci viene regalata dalle ambientazioni fantasy imperdibili o dalla comparsa di personaggi a tratti indimenticabili (tolti i protagonisti, che chiunque abbia visto il film conosce, basti citare il funambolico Tom Bombadil, Messere della Vecchia Foresta).
C’è chi, a ragione, sottolinea l’eccessiva lunghezza dello scritto di Tolkien. Niente di più vero, soprattutto considerato il lento dilungarsi della narrazione che a tratti può diventare un tantino noiosa (bè, forse noiosa è un po’ troppo…), ma chi scrive ha decisamente un’altra opinione. In una società come quella di oggi, così frenetica e incapace di fermarsi a pensare, la rilettura del “Signore degli Anelli” ci insegna ad andare piano, un passo alla volta, insegnandoci a godere di ogni attimo e ogni selva in questo lungo e fantastico viaggio che dovrà portare anche noi sul nostro Monte Fato.

P.S. Per chi fosse interessato ad approfondire la conoscenza dell’universo creato da Tolkien (il cui nome è Arda), lo scrittore inglese vi ha dedicato una serie di altri libri – in cui si possono incontrare alcuni dei personaggi del Signore degli Anelli – tra i quali vanno sicuramente citati “Il Silmarillion” e “Lo Hobbit

Recensione a cura di Massimo Piana

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